Dewey: è in atto una rivolta?

Molti bibliotecari probabilmente si scandalizzeranno. Quanto poteva sembrare ormai assodato, in tempi recenti non pare più esserlo, almeno non in maniera definitiva e insindacabile.
Parlo della “Bibbia” dei bibliotecari, del loro linguaggio segreto: la Classificazione Decimale Dewey.
Numerose biblioteche americane, infatti, negli ultimi anni stanno combattendo la loro “classification struggle”. Che detto così sembra avere i tratti di un’ingiustificata sovversione, ma in realtà non è altro che un tentativo, coraggiosamente difeso, consapevole e condiviso, di avvicinarsi all’utente rendendo più comprensibile e meno ostica la loro modalità di organizzazione delle collezioni.

Faccio riferimento in particolare all’articolo di Barbara Fister: “The Dewey Dilemma”, uscito già nel 2009 ma di interesse, per quanto mi riguarda, molto attuale.

I modi in cui si esplica questa pseudo-sovversione sono essenzialmente due (ovvio che il primo sia il mio preferito) e sono riferibili alla non-fiction. Molto brevemente:

– Rottura della sequenza tradizionale Dewey, ricomponendone spezzoni sotto categorie più vaste e più congeniali/familiari all’utente:
un esempio ci è dato dalla public library di Darien, CT, in cui lo staff ha deciso di creare le cosiddette “glades” (radure), ovvero 8 ampie aree che richiamano in certo qual modo le categorie di una libreria, conservando però al loro interno la ricercabilità e la gerarchia strutturale e notazionale della Dewey.
Una soluzione di mash up quindi, con una funzionalità senza dubbio user-engaging, basata sui feed-back degli utenti, i quali a lavoro finito hanno affermato:

”Finalmente la biblioteca mi sta dicendo che vuole essere come me, e non si aspetta più che io sia come lei.

E se le biblioteche, i bibliotecari e gli utenti si percepiscono come parte coesa e dialogante, allora questi bibliotecari-designer (perché progettatori dell’esperienza dell’utente) hanno davvero fatto un buon lavoro!

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Dalla pagina flickr della Biblioteca di Darien

Anche la National Library Board (NLB) di Singapore ha in tempi recenti tentato di rendere più attraenti (oltre che accessibili) le proprie collezioni adottando l’approccio innovativo della categorizzazione ibrida, tramite l’assegnazione di numeri Dewey subordinati a “design clusters” (grandi aree pertinenti al design) unificanti, con icone per ogni macro-categoria. Anche in quest’ultimo caso l’esperienza di apprendimento dell’utente è stata disegnata in modo da permettergli non solo di localizzare facilmente l’oggetto della sua ricerca, ma anche di imbattersi in ciò che prima non conoscevano.
Le nuove correlazioni che si vengono a creare rafforzano quindi in una maniera significativa il senso di scoperta. Se pensiamo infatti alle tradizionali relazioni Dewey ci accorgiamo che spesso possono rivelarsi obsolete, illogiche e non adeguate a nuove realtà o a nuovi percorsi accademici o didattici in generale.
Mi viene in mente per esempio lo stretto legame che c’è tra architettura (720) e edilizia (690) o tra design industriale (745.2) e tecnologia dei materiali per il design (620.1), che quasi certamente lo studente si aspetterebbe di trovare vicini e che invece non lo sono. O pensiamo per es. ai paradossali accostamenti della classe 600.
In questi casi lo studente davvero comprenderebbe la logica Dewey, almeno in termini di economicità della ricerca? E tutti i bibliotecari capiscono proprio tutto della logica Dewey? Mah…

– La seconda modalità è completamente “Dewey free” e riguarda l’uso di tipi di classificazione di origine commerciale (BISAC), le quali si basano sul riscontro che le persone si sappiano orientare più in libreria che in biblioteca (sigh!).
E in effetti le persone sembrano avere più in mente le librerie, piuttosto che le biblioteche; l’acquisto o il “noleggio” piuttosto che il prestito (si, rabbrividisco ogni volta che gli studenti vorrebbero “noleggiare” un libro!!, o quando mi chiedono se il prestito si debba pagare!!!).
E’ evidente che in questo caso si perde il senso della ricerca, adattandosi a un modello di business sterile se trasposto in biblioteca. Ad ogni modo tante istituzioni (americane, non so italiane) vi hanno aderito, una dopo l’altra, come per un contagio a cui pare difficile sottrarsi.
La classificazione BISAC è un sistema “WordThink”, ossia governato essenzialmente da lettere che individuano sia la categoria più ampia, che la sottocategoria (all’interno di queste sottosezioni, a scaffale i libri sono ordinati alfabeticamente per titolo).
I bibliotecari audaci pionieri della BISAC, che hanno dovuto riprendere in mano e convertire tutti i libri della loro biblioteca, nonché rietichettarli e riposizionarli a scaffale, sono stati quelli della Maricopa Perry Branch, AZ. Date qui uno sguardo (benevolo, mi raccomando!) alle etichette dei libri.

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Da photobucket – Perry Library Branch tour

Allora chiederei ai bibliotecari: quali altri modi utilizzate per rendere più amichevole la Dewey? Come la “migliorereste”? Credete debba essere migliorata?
E agli utenti: Quali sono i maggiori problemi da voi riscontrati nell’orientamento e nella ricerca delle informazioni in biblioteca?

Vorrei infine ricordare che i vari tipi di biblioteche dovrebbero rispondere a differenti esigenze, e in base a queste ricalibrare i loro servizi.
Mi chiedo: se un bibliotecario di una biblioteca speciale volesse per esempio dare visibilità a una sezione non contemplata dalla Dewey, ma comunque oggetto di grande interesse per l’utente?
A questo proposito ho notato per esempio che alcune biblioteche inseriscono delle lettere all’interno della notazione numerica, dopo le prime tre cifre. Non ho però molto chiaro l’ordinamento a scaffale che poi questi ibridi avranno.

Questo post rispecchia dubbi personali (ma che ho scoperto non essere solo miei) e nasce dalla conseguente volontà di documentarmi dinnanzi a problemi organizzativi (di organizzazione della conoscenza) che ho riscontrato nel mio lavoro. Spero sia di aiuto ad altri bibliotecari che come me si scontrano quotidianamente con nuovi dilemmi e con la necessità di avere nuove e più soddisfacenti risposte.

Per ulteriori informazioni:
Kindschy, Heather E. (2015). Time to Ditch Dewey/ Shelving systems that make sense to students (Learning Commons Model). 
Fister, Barbara (2009, October 1). The Dewey dilemma. Library Journal.
Granata, Giovanna (2007). Simbolo e segnatura? Riflessione sulla collocazione dei libri nelle biblioteche universitarie. 
Llangovan, Malarvele (2015). The next step – the makeover from accessible collections to attractive collection. 

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